Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/321

Da Wikisource.

impresario del San Carlo napoletano, s’era ben guardato dal prender sul serio, quando, alcuni anni prima, il D. P. aveva tentato di porsi in relazione con lui per mezzo di suo fratello Agostino (Agostino Da Ponte al Barbaia, 29 agosto 1829, in Lozzr, art. cit., p. 392). E soltanto osserverò che,, sebbene il D. P., fin quasi all’ultimo suo sospiro, non facesse altro che scagliarsi, nelle sue lettere, contro «la crudeltá, l’avarizia e l’ingratitudine» degli amici, dei parenti e perfino dei figli (lettera al Colombo del 9 giugno 1832, in Bernardi, pp. 190-1), i suoi ultimi anni, anche dopo che, nel 1832, gli mori la moglie, furon certo men tristi di quelli che, nella fiera solitudine di Dux, aveva trascorsi il suo antico amico Casanova. Che anzi al D. P. fu anche concesso di fare, il 17 agosto 1838, una morte «teatrale», che un suo ammiratore paragonò nientemeno a quella di Napoleone (Tuckerman, in Marchesan, p. 476) ; e suo solo rincrescimento, in quel punto estremo, fu forse di non poter descrivere egli stesso le esequie sontuose che gli furon celebrate, e narrare, a mo’ d’esempio, che uno dei cordoni del funebre carro era tenuto da Piero Maroncelli, da qualche amia reduce dallo Spielberg (Marchesan, 1 . c.).