Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/320

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deliciae dell’esegesi dantesca. Ma, da quel che dice il D. P. stesso del Biagioli (II, 94-5), pare che i dantisti italiani del tempo facessero agli exploits dilettanteschi del D. P. (che hanno il solo merito di essere stato il primo scritto intorno a Dante pubblicato in America) tutt’altro che buon viso. Per un altro discorso dapontiano su Dante, cfr. il medesimo Marchesan, pp. 356-9. — Anche nel 1825 il D. P. iniziava le opportune pratiche perché suo fratello Agostino con la figlia Giulia potesse venire in America (II, 102-3, 121-31); e in quell’anno appunto incaricava il fratello di far presentare all’ imperatore Francesco una sua epistola in versi (II, 103), pubblicata poi da lui in un opuscoletto recante in taluni esemplari il titolo Alcune poesie di L. D. P. pubblicale da lui medesimo in NewYork l’anno iSjo, in altri Mazzetti di fiori , e in altri ancora Mazzetti di fiori austriaci (cfr. Marchesan, p. 492), e ripubblicata ai nostri tempi dal Malamani ( Frammenti di vita veneziana, Roma, 1893, p. 78 sgg.) e dal Marchesan (pp. 146-50). Ma essa, nonché «ottenere senza tergiversazione la grazia richiesta» (II, 103), non ebbe altra risposta se non che allora soltanto la polizia avrebbe permesso il viaggio, quando Agostino Da Ponte avesse dimostrato di esser provvisto dei mezzi per compierlo e offerta una garanzia pel mantenimento della restante famiglia durante la sua assenza (Malamani, op. cit., p. 77; Marchesan, p. 150). Ciò valga a spiegare perchè soltanto cinque anni dopo, e cioè il 18 febbraio 1830 (II, 123, e lettere ad Alessandro Torri del 29 aprile 1830 e al Gamba del 10 agosto 1830, in Bernardi, pp. 202, 213), Agostino e Giulia D. P. potessero sbarcare a New-York. L’ape musicale, che il nostro autore afferma di avere scritto allora per la nipote (II, 129), è invece nient’altro che 11 pasticcio , da lui messo insieme, quarant’anni prima, a Vienna per la Ferrarese (I, 139, e cfr. II, 284). Sennonché il presagio di cattivo augurio del discepolo del D. P. (II, 124), che sembra conoscesse assai bene il temperamento del maestro, non tardò ad avverarsi, poiché giá nel 1831 il nostro autore era venuto in rotta col fratello e con la nipote (lettera al Gamba del 7 giugno [1831 o 1832], in Bernardi, pp. 217); la quale, anzi, maritatasi a New-York, nel 1832, con un G. Stafler, non volle nemmeno andarsi a congedare dallo zio, prima di partire col marito alla volta di Trieste (lettera allo Stafler del 30 settembre 1832, in Bernardi, p. 228), ove mori verso il 1836 (lettera al Perucchini, del 24 settembre 1837, in Bernardi, p. 233). — Ma io sono ormai stanco (e piú stanco di me sará 11 lettore) di seguire a passo a passo il sempre piú scialbo e diluito racconto dapontiano; tanto piú che intorno agli ultimi anni di vita del D. P. non potrei far altro che riassumere e coordinare le notizie giá raccolte dal Bernardi e dal Marchesan. Mi guarderò bene, quindi, dal postillare il lungo e confusissimo racconto di quel pessimo affare che fecero nel 1832 il D. P. e il Montresor (II, 215-50), l’uno dando il consiglio, l’altro accettandolo, di •condurre in America una nuova compagnia musicale italiana: consiglio -che, assai piú furbo e pratico del mestiere, Domenico Barbaia, il famoso