Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/48

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Affrettiamci alla fine. Scegliemmo gli árbitri. Si fissò il di dell’arbitrazione. Per una certa finezza, che io allora bene non intendeva, un solo avvocato dovea parlare per me, un solo per lui; e, ad onta dell’evidenza delle ragioni da me giá allegate, ad onta che certa carta da lui prodotta colla segnatura del padre Grahl fosse intieramente di carattere diverso da quella ch’io presentai e provai legittima per vari ordini su banchi di Filadelfia, scritti da lui; ad onta finalmente d’un irreprensibile testimonio, che pruovò tutto il contrario di quello che Mussi diceva (e, si noti bene, senza alcun testimonio), que’ tre sapienti árbitri decisero che il signor Giuseppe Mussi dovesse restituire al signor Lorenzo Da Ponte le sue terre, ma che prima gli si dovessero pagare dal signor Lorenzo Da Ponte non tremila piastre, come egli chiedeva, ma tremila e quattrocento, com’era giusto. E chi fu il primo degli árbitri? Il signor Musgrave! E come fini la faccenda? La povera mia famiglia perdé per tale sentenza i soli beni ch’avrebbe potuto ricuperare per materno diritto. Mussi non ottenne niente, nemmeno per la via de’ tribunali, dal posseditore Drummeller; ed io, piú di cinque anni dopo, trovai nelle mani d’un avvocato in New-York un conto di spese di legge, che montava a centosessanta piastre, e che la caritá, umanitá e bontá del signor Giuseppe ridusse poi a centoventi. Questa fu l’ultima calamitá sofferta da me in Pensilvania. Claudite iam rivos, pueri; sat prata bibere. Assestai allora gli affari domestici a Filadelfia, pagai alcuni debitucci della famiglia, e con borsa vuota e con cor pieno di speranze e di gioia, il giorno ventisei di aprile dell’anno 1819 salutai dalla contraria sponda del suo bel fiume la nobile, popolosa ed a me cara cittá di New-York. Mio cortesissimo lettore, t’aspetto alla quinta parte di queste Memorie, in cui ti prometto una scena tutta differente.