Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/62

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ravigliosa vivacitá del suo ingegno, la vastitá delle sue cognizioni e la giustezza del suo criterio. Aveva giá terminati gli studi soliti del collegio; era buon grecista e buon latinista; ma il favorito suo studio eran le matematiche, in cui era fin d’allora molto versato, sebbene, per piacer forse a’ suoi, studiasse ancora la medicina. La famiglia di questo giovine abitando alcune miglia da New-York, mi disse egli un di, conversando meco, che trovar bramava un alloggio nella cittá, che vicino fosse al collegio medico e a’ suoi professori. Gli offersi immediatamente, e quasi da una superiore inspirazione eccitato, la casa mia; e il primo di maggio dell’anno 1821 venne a stare con me, e seco condusse due amabilissimi suoi fratelli: il che fu cagione che ne venissero altri tre colti gioveni, che vaghi mostraronsi di seguitar il loro esempio. Ebbe in questa guisa principio il mio come collegetto domestico, nel quale or cinque or sei spiritosi gioveni, piú come figli ed amici che come discepoli vissero, e furono nella nostra lingua e nelle nostre lettere da me addottrinati. Partirono questi dalla mia casa dopo uno, due o piú anni, per darsi agli uffizi o alle professioni che destinato aveano d’abbracciare. Il solo che non cangiò mai domicilio fu quel giovine egregio che prima venne, e che ora nominerò per sua e piú per mia gloria, benché sappiano tutti esser questi il signor Enrico Anderson, letterato d’alte speranze alla illuminata sua patria. Egli stette due anni con me come studente di medicina, un anno o poco piú come medico, e vi sta ancora da altri sei mesi come professore di matematica nel nobile Colombiano collegio, al cui posto l’eresse, con approvazione ed applauso universale della cittá e della nazione, in fresca gioventú saper senile.

Credo che non lascerá la mia casa se non per visitare la mia patria; e piaccia al cielo che questo accada prima ch’io lasci la terra, perché spero udire anche da lui quello che udii da tanti altri de’ miei cari allievi: — Il piú bel paese del mondo è l’Italia. — Io era, come può credersi, nel colmo delle consolazioni, quando il piú amaro degli umani disastri mise la desolazione