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Mas. Qui ancora.
Zer. E poi non ti duole altro?
Mas. Duolmi un poco
Questo pie, qnesto braccio, e questa mano.
Zer. Via, via, non è gran mal, se il resto è sano
Vientene meco a casa:
Purché tu mi prometta
D’essere men geloso,
Io, ti guarirò, caro il mio sposo.
Vedrai, carino,
Se sei tuonino,
Che bel rimedio
Ti voglio dar.
E naturale,
Non da disgusto,
E lo speziale
Non lo sa far.
E un certo balsamo,
Che porto addosso,
Dare te ’l posso
Se ’l vuoi provar.
Saper vorresti
Dove mi sta:
Sentilo battere,
Toccami qua.
(gli fa toccare il cuore, poi partono)
scena vii.
Atrio come nell’atto primo.
Donna Elvira e Leporello.
S’avvicina, o mio ben, stiamo qui un poco
Finché da noi si scosta.
Elv. Ma che temi
Adorato mio sposo?
Lep. Ah! non lasciarmi.
Certi riguardi... lo vo’ veder se il lume
È già lontano. (Come
Da costei liberarmi?)
Rimani, anima mia...
Elv. Ah! non lasciarmi.
Sola, sola, in buio loco,
Palpitare il cor mi sento,
E m’assale un tal spavento
Che mi sembra di morir
Lep. (Più che cerco, men ritrovo (andando a
Questa porta sciagurata tentone)
Piano, piano, l’ho trovata:
Ecco il tempo di fuggir.) (sbaglia l’uscita)
scena viii.
Donn’Anna, Duca Ottavio, Servi con lumi e Detti.
in un’altro)
Ott. Tergi il ciglio, o vita mia.
E dà calma al tuo dolore.
L’ombra omai del genitore
Più non vuole il tuo martir.