Pagina:Da Quarto al Faro.djvu/262

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vanni, ma lontani, in alto. Vediamo del fumo che cresce, si allarga, si fa fitto; si sentono le schioppettate sorde. S’indovina col cuore che i nostri assaliti si difendono, superbi di combattere, trecento al cospetto di tutti i reggimenti accampati di qua, da Messina al Faro!

Ebbi un lampo nell’anima. Il desiderio di questa Sicilia che mi tirava a sè da tanto tempo, empiendomi la fantasia di delizie e il core di pene misteriose; quella certezza che aveva di trovare nell’isola, non sapeva chi, ma qualcuno conosciuto, caro, un amico; tutto mi veniva dall’aver letto, anni sono, il Dottor Antonio di Giovanni Ruffini. Me ne sono avveduto dianzi udendo rammentare questo libro, che mi tenne sull’ali tanti giorni dopo che l’ebbi letto. E fui lì per inginocchiarmi sull’arena, a ringraziare a mani giunte lo scrittore che dall’Inghilterra rivelò all’Italia