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132 vii. gli indiani

XII secolo, dopo aver compiuto un viaggio in Medio Oriente e in Italia scrive un libro sui metodi di calcolo indiano. Invece di adottare la grafia delle cifre indiane preferisce mantenere il valore numerico delle prime nove lettere del proprio alfabeto; per lo zero, aggiunge un simbolo che chiama “la ruota”.

In un testo cinese del 1355, infine, figura una moltiplicazione in colonna (esattamente come facciamo noi) in cui compare lo zero sotto forma di cerchietto, mentre le altre nove cifre mantengono la tradizionale grafia cinese.


10. Applicazioni matematiche

Le più antiche acquisizioni nel campo della matematica indiana sono contenute nel Sulvasutra o Libro della corda. Da questo titolo si può desumere che anche in India operano i tenditori di corde. Il libro è redatto in versi e ne esistono tre versioni. La redazione originaria di una di esse risale probabilmente alla metà del I millennio a.C.: contiene le regole per la formazione di angoli retti con l’uso di tre cordicelle, in rapporto fra loro secondo le terne pitagoriche. Si ritiene che alcuni dei problemi presentati risalgano al 2000 a.C.

Con la rinascita della cultura indiana, sotto la dinastia Gupta, vengono composte varie opere di astronomia note con il nome di Siddhanta (Sistemi). Il Paulisha Siddhanta (380 d.C.) sembra sia stato tratto dalle dottrine dell’astronomo Paolo, alessandrino. Si ritiene infatti che l’astronomia indiana derivi in misura notevole da quella greca. Una conferma indiretta verrebbe dal fatto che nel Paulisha il valore attribuito a Pi greco è 3,1416..., come in Tolomeo. I Siddhanta sono da ricordare perché introducono per la prima volta in geometria la funzione “seno” di un angolo.

Il matematico Aryabhata scrive nel 499 un volu-