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Pagina:Dalle dita al calcolatore.djvu/168

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146 ix. contare italiano

(1501-1576), medico, astrologo, giocatore, ma anche esperto di algebra e stimato professore a Bologna e a Milano. Convince Tartaglia a confidargli la formula, impegnandosi a tenerla segreta. Cardano ha per segretario il matematico Ferrari (1522-1565), che trova il metodo per risolvere le equazioni di quarto grado. Cardano spiazza l’uno e l’altro divulgando le due scoperte nel suo trattato Ars Magna (1545), e lascia ai due la magra soddisfazione di essere citati come gli ispiratori delle scoperte.

“Il successo dei matematici italiani produsse una enorme impressione. Era la prima volta che la scienza dei tempi nuovi superava le conquiste dell’antichità. Fino ad allora, nel corso di tutto il Medioevo, lo scopo che ci si poneva era quello di capire almeno le opere degli antichi. Ora invece, finalmente, si risolvevano questioni ove gli antichi non erano riusciti. E questo accadeva nel Cinquecento, cioè cent’anni prima dell’invenzione delle nuove branche della geometria analitica, del calcolo differenziale e del calcolo integrale, che avrebbero sancito la definitiva superiorità della nuova scienza rispetto a quella antica. Dopo di allora non vi fu matematico di vaglia che non tentasse di proseguire i successi degli Italiani e di risolvere in modo analogo, per mezzo di radicali, le equazioni di quinto, sesto grado e di grado superiore” (9b).


2. “L’arte de l’abbaco”

Per molte persone di media cultura ancor oggi l’algebra è una cosa astrusa e abbastanza indigesta. Cinquecento anni fa, mentre pochi eruditi di varie nazioni pervengono a risultati eccezionali, la ristretta cerchia delle persone “alfabetizzate” ha non poche difficoltà perfino con le cosiddette “quattro operazioni”. Nel 1478 viene stampato a Treviso un libretto di aritmetica intitolato L’arte de l’abbaco, per la preparazio-