Pagina:Dalle dita al calcolatore.djvu/83

Da Wikisource.
4. le cifre ieratiche 61

provenienti da Akhmim (Il Cairo) e un frammento di cuoio con elenchi di frazioni. Molto utile per lo studio delle cifre ieratiche è il Grande Papiro Harris (conservato al British Museum), nel quale sono inventariati i beni dei templi alla morte di Ramesses III (1192-1153 a.C.).

Purtroppo, questi documenti sono molto antichi e non permettono di conoscere l’evoluzione della matematica e delle scienze fino al tramonto della civiltà egizia.

Le esigenze connesse alla scrittura su papiro, o su altri materiali, inducono gli scribi ad adottare una grafia meno maestosa del geroglifico, ma più scorrevole. Pertanto, fin dai tempi più antichi, si usa la scrittura ieratica (“sacra”) sia per le parole che per i numeri. Si adottano semplificazioni e scorciatoie. Per esempio, le asticelle verticali del numero 4 sono sostituite in vari casi da una semplice linea orizzontale; il numero 8, formato da due gruppi sovrapposti di quattro aste, è sostituito da due linee parallele; il 5 (4 + 1) è rappresentato con una linea orizzontale e un’asta verticale, unite quasi ad angolo retto; il 9 (5 + 4) in alcuni casi assume la forma di un gancio (deformazione del 5) cui si aggiunge un tratto allungato obliquo (corrispondente a 4). Il 10 conserva approssimativamente la stessa forma del geroglifico, ma i suoi multipli perdono ogni somiglianza con i geroglifici corrispondenti. Lo stesso avviene con le centinaia e le migliaia.

Col passare dei secoli si assiste a piccole, ma costanti evoluzioni dei segni. Le tre spirali che indicano 300 in geroglifico, agli inizi del I millennio a.C. sono sostituite nella forma ieratica da una linea leggermente obliqua, da sinistra verso l’alto a destra, con tre trattini verticali posti presso la parte alta. Sia che si tratti di unità semplici, di decine, di centinaia o di migliaia, un passo importante è stato compiuto: ogni unità di un certo ordine ora possiede il suo simbolo specifico e inconfondibile.