Pagina:Dandolo - La Signora di Monza e le streghe del Tirolo, 1855.djvu/13

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resto comprende gli allegati e le sentenze) scritti sotto dettatura degli inquisiti, de’ testimonii, del giudice, contrassegnati dalle sigle del tabellionato, rinvenni documenti autografi di pugno della Signora e del suo seduttore: mi fe’ grande impressione considerar que’ caratteri tracciati due secoli fa da mani sì ree, presentarmisi ad esprimere, come se tuttodì fervessero, detestabili passioni, su cui posa da sì gran tempo il suggello della morte e dell’inferno! Quasi direi che questo processo m’invase il pensiero, e vi lasciò di se tale una impronta, che se n’è trasmessa in queste carte una immagine, della quale, alla lor volta, i lettori ricostruiranno l’originale nel proprio pensiero: ho praticato, infatti, di questi manoscritti lo spoglio più scrupoloso, copiando ciò che vi riscontrai di meglio caratteristico, e riepilogando il resto; dimodochè mi trovo divenuto possessore della relazione autentica della famosa, epperò sin qui buja, tragedia, cui la gagliarda penna del nostro illustre Concittadino non fe’ che sfiorare.

Penso che appo gl’innumerevoli lettori dei Promessi Sposi, tra le incancellabili reminiscenze che ne serbano, primeggia, accosto all’Innominato, il bello e scuro viso della Signora di Monza, e i misteriosi suoi casi; ne rimase una crucciosa insoddisfatta curiosità, come di chi teme eppur vorrebbe sapere. Uno Scrittore più ricco di dottrina che di fantasia, ardì assumersi di contentare questa curiosità, e, in un romanzo di sua fattura, intitolato appunto la Signora di Monza, arrogossi empiere le lacune lasciate da Manzoni. Ecco come il professore Rosini di Pisa esordisce al suo racconto: