Pagina:Dandolo - La Signora di Monza e le streghe del Tirolo, 1855.djvu/68

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» Passando amicizia tra Giampaolo Osio e suor Virginia Maria de Leva monaca nel Monastero di santa Margherita, il detto Osio giobbia passato dopo desinare mandò a parlarmi un uomo vestito da massaro, da me non conosciuto, il qual mi disse, sendo io alla porta, che l’Osio desiderava sapere se suor Virginia era stata menata via dal monastero; ciò mi scrisse in un biglietto di sua mano; ed io rescrissi sopra un altro bollettino, che suor Virginia era stata condotta a Milano; e che, vedendo quelle cose che si facevano, io desiderava di partirmi da quel monastero e andare in un altro; mi ajutasse, e di lì a tre o quattr’ore venisse alla muraglia del giardino che avrei trattato seco circa l’andar via...

Qui tien dietro un racconto simile al dianzi esposto da suor Ottavia: e ciò sino al punto delle Salve Regine recitate in ginocchio dinanzi la porta della Madonna delle Grazie.

» Poi ritornassimo indietro per la medesima strada passando il ponte del Lambro ch’è vicino a detta Chiesa; e quando ne fossimo poco lontani, dietro il fiume dov’era un zappello, l’Osio gettò in acqua suor Ottavia, la qual era in mezzo tra noi, e la sentii dire — oh! la è questa la maniera? — ed io corsi per darle mano ed ajutarla; ma l’Osio, cavato l’archibugio da Sotto il ferrajuolo, ne diede molte percosse sulla testa di suor Ottavia, la qual gridava invocando la Madonna: io mi ritirai lontano per paura che mi dasse, e mi misi a piangere; poi lasciata suor Ottavia, che pensava fosse morta, seguitassimo il viaggio dietro il Lambro, e per traversi arrivassimo ad una casa deserta, lontana da Monza cinque o sei miglia, che ha la porta grande; e la camera in cui venni messa ha un basello o due, e v’era un camino, e zocchi che vi si potca seder sopra: quella casa è grande, ed ha una vasta corte; ne trovassimo la porta