Pagina:Dandolo - La Signora di Monza e le streghe del Tirolo, 1855.djvu/96

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nire sarebbe stato in guardia di non disgustarmi, e non avrebbe fatto se non quanto fosse stato il piacer mio: e così fu mandato giù un filo da quella fenestra, e tirata su quella lettera. La madre di Giampaolo mi mandò una scattola di fiori di seta di Bologna con alcune palle muschiate; ma credo fosse Giampaolo a mandarmele: l’Arrigone mi disse poi, che, a consigliare l’Osio di scrivermi in quella maniera era stato lui, e che se la lettera fu in nome dell’Osio l’innamorato era lui, e se ne scoperse meco. Nella sopradetta lettera l’Osio mi chiamava grazia di potere ragionar meco al parlatorio; ed io gliel’accordai: venne una notte nel parlatorio del confessore, che suor Ottavia gliene buttò la chiave dissopra il muro; e così vi entrò. Divisi com’eravamo dalla doppia grata, ragionassimo di cose di creanza: mi domandò perdono dell’omicidio del Molteno, e mi esibì farmi ogni servizio in suo scontro; insomma mostrò la maggior modestia che si potesse più immaginare.


Subdit interrogata;

Interrogata, soggiunse;


» Giampaolo faceva all’amore con una Isabella de Ortensii secolare, la qual’era nel Monastero educanda; ed avendo io trovato che stavano guardandosi alla cortina delle galline, gli feci un grande rabbuffo che portasse così poco rispetto al Monastero, massime che la detta giovine era data in mia custodia; e questo fu per cui scrisse la prima lettera, e se n’andò via abbassando la testa.


Subdens;

Soggiungendo;


» Dopo ch’ebbi veduto l’Osio due volte nel parlatorio, e particolarmente dopo ch’ei sempre più si restrinse coll’Arrigone, mi sembrò d’esser come diabolicamente forzata d’andare a quella finestra: e una volta che mi fu detto da suor Ottavia che Giampaolo stava in giardino, perch’io volli farmi forza di non andare a vederlo, svenni