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tra cefalù e roma 173


e di nostalgia. Pensano: qui è il cuore, questa è la sapienza d’Italia? Lo scorso dicembre un ministro ci è venuto a dire che Bismarck paragonando l’Italia politica alla Spagna ci ha fatto onore; e noi, vanitose ombre querule, sopraffatti in quel momento dalla coscienza, abbiamo taciuto.

Io studio, intanto; studio uomini e cose per l’avvenire. Il presente non è buono ad altro. Ho anche parlato un paio di volte, molto brevemente, su argomenti di poca importanza, per accordare lo strumento e trovare il la. L’ultima volta c’era nella tribuna della presidenza una signora che ti somigliava molto. Si discuteva il bilancio dell’agricoltura e io parlavo di boschi. Ho paura d’essere stato, in grazia di quella signora, più fiorito e frondoso delle mie foreste.

Faccio sempre, malgrado la politica, delle cavalcate mattutine. Il tenente colonnello B..., addetto ora al comando generale dello stato maggiore, mi presta una sua piccola baia che salta all’irlandese come le lepri. Stamattina ho fatto una galoppata fuori di Porta Maggiore, per via Prenestina, in cerca del Tempio della Quiete; non c’era una volta un Tempio della Quiete da quelle parti là? Ma è scritto, credo, che un tal tempio non lo troverò mai. Faceva sereno in cielo, caldo, polvere e verde in terra: le montagne avevano uno spruzzo di neve. Passai quel gran pino a destra e lo scoglio a sinistra su cui sedemmo, ti ricordi, fra i papaveri, a guardare il subito mare della campagna, e tutte quelle tombe, quegli spettri d’acquedotti. La cavalla mi si piantò sulle quattro zampe a mezzo chilometro di là, sul sentiero che taglia la via Labicana, presso a una tomba quadrata.