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il segreto della signora cortis 247


«Aspettate!» rispose Cortis, risoluto, aggrottando le ciglia. Chiuse un istante gli occhi, poi si alzò in piedi, chiese all’avvocato:

«Che ore sono?

Era la sua solita voce chiara e imperiosa, stavolta.

Colui guardò l’orologio.

«Il tocco e mezzo.

Cortis trasse il proprio.

«Il mio ritarda mezz’ora in punto» diss’egli e lo regolò. Poi andò dritto alla scrivania, prese la penna, fece all’atto una gran firma furiosa, porse silenziosamente la penna all’avvocato, e quando questi, tutto sbalordito, ebbe pure sottoscritto, gli fe’ cenno di andarsene e disse forte:

«Avanti!

La signora che entrava e l’avvocato che usciva s’incontrarono sulla porta. Ella lo squadrò rapidamente, gli lesse la soddisfazione in viso, interrogò con gli occhi atterriti suo figlio ritto in mezzo alla stanza.

«Vi prego» disse Cortis «di avvertire che il punch e il caffè non occorrono più. Debbo andare alla Camera. Fatemi trovar pronto il letto al mio ritorno.

«Oh Dio, Daniele» esclamò sua madre, «sei malato?

«No, sono stanco, ho sonno.

Prese il cappello.

«Daniele!» gemette la signora.

Egli fece due passi verso l’uscio, poi tornò indietro, suonò per il domestico e gli disse cadendo sul sofà:

«Fa venire una vettura.

Il domestico lo vide stravolto, disfatto, si arrischiò a dirgli di non muoversi.