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quanto la visita gli fosse sgradita. Andò nella sua camera a passi concitati, sagrando fra i denti.

L’alta figura sottile era là, ritta in mezzo alla camera, presso il tavolino sul quale ardeva una grande lucerna senza paralume.

«Tu qui?» diss’egli fermo sull’entrata. «Cosa vuoi?

Le spalle di lei trasalirono in sussulto nervoso. Aspettò un momento a rispondere e poi disse pacatamente:

«Ricordarti che son viva.

«Quello lo sapevo» rispose il barone togliendosi il cappello e gittandolo sul letto.

Elena alzò le sopracciglia.

«Non me n’ero mai accorta» diss’ella.

Il barone si levò il soprabito, gittò sul letto anche quello, poi chiuse le imposte delle due finestre, ritolse dal letto cappello e soprabito per posarli sopra una seggiola, si pose ad andare e venire per la camera, intorno a sua moglie che non parlava nè si moveva. Le si fermò a un tratto alle spalle, da lontano, le disse sbuffando:

«E adesso cosa ti occorre?

Ella si girò verso di lui, prese una seggiola per la spalliera e rispose traendola davanti:

«Perchè non ti sei lasciato vedere da me? Perchè non mi hai neanche risposto?

La sua voce era sommessa, molto tranquilla, quasi affettuosa.

«Per farti piacere» diss’egli. «Ringraziami. Non era quello che desideravi?

Elena soffocò a fatica lo sdegno, si eresse sulla spalliera della seggiola cui prima s’era venuta appoggiando, e disse con impeto: