Pagina:Daniele Cortis (Fogazzaro).djvu/37

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una cosa grave 27


avesse inteso ricordarsi, con affettuoso rimprovero, tante cose intime, tanti segni d’un’amicizia più sentita che espressa. Ritirò la mano e disse timidamente:

«Scusa.

«Va bene» rispose Cortis, «Andiamo avanti, e pensa se, col tuo istinto, puoi indovinare qualche cosa.

Fecero alcuni passi in silenzio. Adesso Elena figgeva a terra gli occhi veementi.

Rialzò a un tratto la testa.

«Mio marito?...» diss’ella. Non l’aveva ancor detto che Cortis rispose: «No, no!» Ella si pentì subito amaramente, s’irritò con sè stessa. Suo marito non era mai nominato nelle conversazioni fra lei e Cortis. Non un atto era seguito, non una parola era corsa fra loro di cui egli potesse dolersi.

Intanto erano giunti agli abeti che rumoreggiavano in alto, pieni di vento, e piovevano grosse gocce. A sinistra il più vecchio dei tre inclinava le sue lunghe frange nere sull’angolo dell’altipiano e sui rapidi declivi che scendono verso le praterie e verso il fiume.

A destra la strada svoltava giù per la costa erbosa.

«Dove andiamo?» disse Cortis.

L’uno e l’altra, nel loro turbamento, erano entrati, camminando diritto, nell’erba folta, fradicia di pioggia. Tornarono sulla strada, e Cortis non parlò più fino a che non furono discesi tanto nel quieto grembo della costa, da venirne riparati alle spalle.

Allora si fermò.

«Senti» diss’egli. «Tu sai cosa vi è stato di triste molti anni or sono, in casa mia?