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tremante come il servo del Vangelo, tanti inutili tesori sepolti nel suo cuore.

Ma adesso sapeva di essere amata, non dubitava di essere stata intesa da lui, adesso tutta l’anima sua era una dolcezza torbida, piena di dubbio e di tormento.

Lasciò la finestra e prese avidamente il libro posato sul tavolino. Era il terzo volume delle Memoires d’outre tombe di Châteaubriand, prestatele da Cortis. Questi le aveva detto di aver concepito, da fanciullo, un amore fantastico per Lucile de Châteaubriand, contessa di Caud; ed ella ora cercava con gelosa cura nelle memorie del gran poeta ogni parola che ricordasse la figura di sua sorella; voleva evocarne la bellezza piena di malinconia, lo spirito pieno di mistero e di genio, che si credeva superfluo sulla terra, e così difficile a conoscere, «tant’il y a de diverses pensées dans ma tête», com’ella scriveva a Châteaubriand: «tant ma timidité, et mon espéce de faiblesse extérieure sont en opposition avec ma force intérieure».

Il volume era aperto in principio del libro terzo, dov’è parlato del ritiro di madama di Caud alle Dames Saint-Michel in Parigi, e son deposte, come reliquie, le ultime lettere di lei a suo fratello. Elena era giunta, la notte, a questo passo d’una lettera senza data:

«Quelle pitié que l’attention que je me porte! Dieu ne peut plus m’affliger qu’en toi. Je le remercie du précieux, bon et cher présent qu’il m’a fait en ta personne et d’avoir conservé ma vie sans tache; voilà tous mes trésors. Je pourrais prendre pour emblème de ma vie la lune dans un nuage, avec cette devise: souvent obscurcie, jamais ternie».