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Elena trasalì, gli andò frettolosa incontro.

«E venuta la posta?» diss’ella.

Sì, quell’asino di fattorino ha trovato comodo di tenersela in tasca da ieri sera. C’è anche una lettera per te. Son venute le istruzioni, del resto; e quel tale scrive che si pronuncia laan, come dicevi tu. Ecco qua, adesso ti leggo.

Mentre Malcanton si palpava e si frugava in tutti i taschini cercando le sue lenti, Elena gli voltò le spalle.

«Ehi» diss’egli. «Elena!» Ma Elena era già in casa, onde il pover’uomo, brontolando un «bene, servitor suo» tornò al suo lavoro.

Ella trovò suo marito che tempestava e sagrava in camicia, tutto rabbuffato, contro di lei, per quella maledetta passione di andar fuori prima del sole.

Elena non attese che finisse, gli chiuse l’uscio in faccia; ma egli vi sferrò dentro un gran calcio, uscì tal quale si trovava in sala.

«Non scherziamo! disse. «T’ho a parlare molto sul serio.

«Parlare, quanto vuoi» rispose Elena «ma a quel modo no.

«Dentro!» replicò il barone tenendo l’uscio spalancato. «Faremo il grazioso per amore di Vostra Grazia. Andiamo! Fammi il piacere, santo Dio!

Elena entrò; suo marito chiuse l’uscio a chiave con un grugnito di soddisfazione e brontolò: «che suscettibilità!

«Lasciamo andare! soggiunse, perchè Elena voleva dir qualche cosa. «Si parte stasera. Siedi.

«Perchè? Ho capito, si parte stasera. Che altro c’è?

«C’è, c’è che così non si può partire.