Pagina:Daniele Cortis (Fogazzaro).djvu/63

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fra le rose 53


Passò oltre e non s’accorse che una riga più sotto d’esserne stata morsa. Allora vi ritornò di slancio, vi si dimenticò dentro fino a che il sole, uscendo dalle spalle della montagna imminente, le sfolgorò sul libro. Sedette sopra un muricciuolo dove moriva il bosco e la strada calava al fiume che spandeva al sole le sue ghiaie scoperte, i rivi brillanti.

Ebbe un assalto di scoramento mortale. Sempre questo dubbio, questo rimorso, quest’ombra nemica: nuocere a lui quand’anche una sola parola d’amore non corresse fra loro, essere un traviamento ne’ suoi affetti, un inciampo nella sua vita! Depose il libro sul muricciuolo e cessò di pensare, assopita nel sole caldo, nella voce del Rovese. Dopo un pezzo riprese il libro, cercovvi lentamente, con le mani gelate, le parole: Il n’y a qu’un déplaisir......» Lo richiuse subito, si alzò dal muricciuolo, pieni gli occhi di lagrime, e si avviò verso casa.

Passando sotto le finestre del conte Lao lo vide che le faceva gran saluti dietro le invetriate. Gli accennò di aprire, ma n’ebbe in risposta un gesto d’orrore, una indicazione muta degli alberi che dondolavan le punte al vento. Malcanton e il conte Perlotti giravano per il giardino col gastaldo, davan ordini, pigliavano misure, studiavano il terreno, affaccendati come se dirigessero una fortificazione di campagna di faccia al nemico. Avevano a disporre il posto per la banda, il piano dell’illuminazione. Malcanton era specialmente incaricato di preparare il lawn-tennis prima che arrivassero dalla città gli ospiti attesi. Appena vide Elena da lontano, le agitò in aria una lettera, le gridò con le palme alla bocca:

«Laan, laan!