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miche da lui fatte per sopperire ai difetti e alle inesattezze delle famose Tavole Alfonsine.1

Altri matematici non trovo di questo secolo, fuori di Toscana: intendo uomini che alle matematiche pure o applicate dedicassero la loro vita. Ma i lavori architettonici, ed idraulici di questi tempi fan vedere assai chiaro che non potevano essere bambine la geometria ed il calcolo.

Ma giusto è ancora tenere memoria di chi, datosi ad ad altri studj, seppe trovar tempo di rivolgersi pur anco alle matematiche, e lasciò ne’ suoi scritti saggio del suo valore. Per quanto adunque possa parere strano che nel novero de’ matematici italiani sia registrato il nome dell’oracolo più famoso, per molti secoli, nelle scuole della Giurisprudenza, io nominerò qui Bartolo da Sassoferrato. E non mi voglio contentare di ripetere soltanto le parole del Tiraboschi: «Il breve corso di vita ch’egli ebbe ci rende ancor più degno di maraviglia l’ingegno e il sapere di Bartolo che in sì pochi anni tanto imparò e tanto scrisse. Nè egli si stette racchiuso entro i soli studj legali, ma sul finir della vita si volse ancora allo studio della geometria, e perfino della lingua ebraica, come pruovano il Panciroli, e il Co. Mazzuchelli.»2 Ma dirò che si guardi a’ due suoi trattati de Fluminibus, e de Insula, e si vedrà come Bartolo avea messo in pratica il suo



  1. Ivi n. 34.
  2. Ivi cap. 4 n. 24. Il Co. Gio. Battista Corniani aggiunge che nello studio della geometria Bartolo ebbe a maestro fra Guido di Perugia (I Secoli della Letter. Ital. Brescia, 1818, N. Bettoni Vol. i pag. 365). Anche di questo matematico perugino non ho trovato il nome nell’Opera del Vermiglioli intorno agli scrittori perugini.