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la disperazione del sindaco. Poi, strizzando un occhio, gli domandò che cosa gli paresse della maestra Fanari. — Ah! maestri fortunati! loro che le hanno a portata della mano!

L’uscita, per un delegato scolastico, era un po’ forte. Il maestro lo guardò, maravigliato. Egli non conosceva ancora un tipo non raro nei villaggi, che è il signore, per lo più attempatotto, che ha la vena amorosa della classe magistrale, come ci sono in città quelli che l’hanno per le ballerine, per le crestaie, per le impiegate, per altra famiglia particolare del bel sesso, la quale esercita sopra di loro una specie d’attrazione professionale. Il consigliere avvocato aveva, fin dalla gioventù, il baco degli amori scolastici, prediligeva la bellezza patentata dal Ministero dell’istruzione pubblica. Aveva sempre seminato, o cercato di seminare in quel solco, e avanti e durante il suo sindacato aveva avuto delle fortune, preso dei mazzi di granchi, e dato luogo a scandali, da cui non era stato punto smorzato il suo ardore. Anche dopo ch’era delegato scolastico, non parlava mai altro che di scuole femminili, come se le scuole dei maschi non esistessero; e di quelle pure non si serviva che come d’un appiglio per venire a parlare di maestre. La maestra, per lui, aveva in sè qualche cosa di squisito e di recondito, non so che profumo di voluttà letteraria e di castità monacale, che l’attirava, come un frutto proibito. Egli diceva: — una maestra patentata l’anno scorso — con l’acquolina in bocca, come un ghiottone direbbe: — una trota pescata questa mattina. — E conosceva tutte le maestre del circondario: era capace col pretesto immaginario d’un dovere d’ufficio, di fare una scalessata di sei miglia per andar a vedere in un comune una maestra nuova arrivata, della quale avesse inteso fare gli elogi; estetici, si sottintende. Parendogli che il maestro non volesse entrare in quel discorso, ce lo tirò di forza. — E dica un po’, che maestrine c’era a Garasco? — E inteso i tratti caratteristici della maestra declamatrice, ch’egli strappò di bocca al giovine a uno a uno, stette un po’ pensando, con gli occhi socchiusi, come per gustar bene coll’immaginazione quei due sapori confusi e diversi di maestrina e di villanella, che parevano una cosa peregrina per lui. E fece lo stesso per la cu-