Pagina:De Amicis - Il romanzo d'un maestro, Treves, 1900.djvu/11

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Coraggio! 3

gli parve astruso e arido, e a cui, oltre che la sua intelligenza impreparata a studi astratti, si ribellava la sua memoria. Ma il metodo ottimo del suo professore, che rifuggiva dall’abuso dei precetti dommatici, e s’intratteneva a lungo sulle nozioni elementari, fondando ogni ragionamento sopra osservazioni esatte e sopra fatti comuni, con una grande chiarezza di parola, gli rese presto gradevole anche questa materia.


Il professore di pedagogia, infatti, un certo Megári, direttore della Scuola, che insegnava pure diritti e doveri e abitava nel convitto, era di gran lunga il migliore di quei professori. Aveva insegnato latino e greco in un Liceo. Otto anni innanzi gli era morta la moglie nell’incendio d’un teatro, e questa disgrazia gli aveva lasciato una tristezza inconsolabile. Era sui cinquant’anni, piccolo di statura, grigio, sempre chiuso in un soprabito nero e corto, stretto alla vita, e aveva il viso severo e le mosse brusche; per il che dicevano in città e nella scuola che pareva un colonnello dei bersaglieri in aspettativa. Ma non era collerico nè burbero; si faceva rispettare e temere con certa gentilezza austera di modi, e con un laconismo freddo negli elogi e nei rimproveri, che dava a ogni sua parola un grande valore. Aveva, insieme coll’autorevolezza che vien dal carattere e dall’ingegno, quella cura costante e gelosa di tenerla alta, che è propria degli uomini piccoli. Assisteva alle ricreazioni, e invitava qualche sera gli alunni, a gruppi di otto o dieci, a passare un’ora nel suo salotto, in conversazioni letterarie; ma nessuno avanzava con questo d’un passo nella sua familiarità: egli ridestava sempre in tutti ogni giorno quel senso di curiosità e di suggezione che avevan avuto al primo vederlo. Tutti, per altro, sentivan per lui quella simpatia, nata dalla gratitudine, che ispirano gl’insegnanti, i quali rendon piana e piacevole una materia difficile, e lo stimavano perchè era giusto; tanto che non era riuscito mai ad alcuno di scoprirgli un’ombra di predilezione per chi che sia. Negli studi esigeva molto, ma non fuor di ragione, e usava indulgenza con le intelligenze tarde, ma operose. Non si mostrava irritabile che riguardo alla pronunzia, facendo ripetere anche venti volte la stessa parola, fin che la