Pagina:De Amicis - Il romanzo d'un maestro, Treves, 1900.djvu/147

Da Wikisource.

L’ex granatiere 139

plicare il loro impiastro. A provocar me, Carlo Lérica, capisci! Un villan quadro d’un consigliere, barbiere di professione, che m’aveva scorticato per tutto il primo anno, rabbioso che l’anno dopo io mi fossi messo a radermi da me, e messo su per giunta dagli altri scalzacani, mi venne a dire, in faccia alla classe, che avevo fatto un’ingiustizia al suo figliuolo nel lavoro dell’esame mensile, e a propormi, a faccia fresca, di cambiare i punti. E come gli risposi un no tanto grosso, mi minacciò in presenza alla scolaresca “che m’avrebbe fatto aver dei dispiaceri„. Io risposi: — Faccia! — e lui, pronto: — Taccia! — A me! Mi saltò il sangue ai capelli e tirai fuori la mano.... Un santo me la fermò, per fortuna. Ma non tenni la lingua. Gli diedi del porco.... semplicemente. Allora m’inflissero la censura. Ed era una. Ma capito il gioco che mi volevan fare, stetti in parata, e non mi lasciai più cogliere. Inveleniti, che cosa inventano allora? Quel macellaio di barbiere mette avanti il sospetto, in Consiglio, ch’io sia miope: ha gli occhi fuor del cranio, dice, dev’esser orbo; si potrebbe tentare di farlo fuori con quel pretesto. Ah! quando ci ripenso alla scena che m’hanno fatta, credi, partirei sul momento per andarli a prendere a schiaffi in pieno Consiglio! Figliacci di cani, se ne intoppo uno per le strade di Torino, lo porto in giro sotto i portici col capo all’ingiù, come un coniglio scannato!

Il Ratti rise.

— Tu ridi — gli disse l’altro, stizzito. — Ma non c’è un corno da ridere, caro mio. O non mi entrano in scuola una mattina, sindaco e soprintendente, con una loro sporcheria d’ordinanza che avvertiva la scolaresca di non imbrattare i muri delle case e che so altro, invitandomi a darne lettura davanti a loro? Capii a volo: l’avevano fatta per me, e scritta apposta, le canaglie, in caratteri pidocchini per mettermi alla prova. Io mi morsi le labbra; mi fumava il naso!... Non importa. Spiegai il foglio contro il viso, e, facendo uno sforzo, ma senza interrompermi un momento, lo lessi; poi lo restituii al sindaco, dandogli un’occhiata che veniva dal fondo dell’inferno. Se n’andarono, pieni di bile ringozzata. E cercarono un’altra birboneria. Ma anche questa volta fallirono. Vennero le elezioni. Io,