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Gli “umiliati„ del villaggio 189

di tutto cuore che non abbia ad averne mai. Ma saprà che l’amministrazione è in mano a un branco di guatteri e di bovari. Avrà visto che facce. Eppure, paion quasi uomini come gli altri, quando le cose vanno pel loro verso. Ma provi un poco a scalfir la pelle a un di loro. Caro maestro, lei è giovane: non può conoscere nè il mondo vecchio nè il nuovo. Avrà sentito parlare della muffa dell’aristocrazia, dei semidei terrestri che ci trattavano come gente d’una razza inferiore. Ma quella era cortesia appetto alla superbia dei vaccari in carica! Quelli almeno disprezzavano soltanto la gente disotto. Questi invece sputano in basso, in alto, intorno, e sono invariabilmente orgogliosi, prepotenti e mal creati con tutte le classi sociali.

Ma qui tagliò netto, come se fosse pentito d’aver fatto quella sfuriata in una prima conversazione, e riprese il tuono allegro per invitare il maestro ad andarlo a trovare a casa, in un villino giallo, posto di sopra al paese, dalla parte delle Case Rosse, dove non avrebbe trovato che sua moglie, e avrebbero preso il caffè insieme discorrendo; e gli troncò in bocca i ringraziamenti, mettendosi il dito sotto il naso, con un fare amichevole, in atto d’intimargli silenzio. — E mandi a prender la raccolta dei giornali scolastici, — gli gridò dalla scala.


GLI “UMILIATI„ DEL VILLAGGIO.


La naturale cordialità di quel signore, e la simpatia che aveva detto d’avere per i maestri, non parvero al giovane una ragione sufficiente a spiegare la spontaneità della visita e la cortesia dell’invito. E stette pensando un pezzo quale altra ragione ci potess’essere. Ma non ne trovò nessuna che lo soddisfacesse, nè poteva. Gli sarebbe occorso, per trovarla, di conoscere una classe particolare d’uomini, a cui apparteneva il suo nuovo amico, la quale si potrebbe chiamare degli “umiliati del villaggio.„ Quegli era un avvocato, nativo del paese, agiatissimo, che viveva