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La prima bomba 211

fuori, potevan parer benissimo colloqui d’amanti. Ed erano spiati forse da un pezzo. Per conto di chi, se non del sindaco? E vide la scena di una settimana prima, come a una luce improvvisa, nella sala comunale: una dichiarazione grossolana, un rifiuto sdegnoso; lui aveva incalzato brutalmente, lei gli aveva tirato uno schiaffo; e allora era scoppiato l’orgoglio offeso: — Lei è l’amante del maestro! — A quell’idea fu preso da una vampa d’ira, e vide Carlo Lérica, con gli occhi fuor del capo, correre alla casa comunale, trattare il sindaco di bugiardo e di diffamatore.... E poi? Pazzie. La maestra screditata invece che difesa, lui cacciato via, e non l’avrebbe vista mai più. E se s’ingannava? Se, in realtà, egli non ci fosse entrato per nulla?

Ma non rimase a lungo in questo dubbio. Uscendo la mattina dopo, vide il sindaco sulla porta della farmacia, e quando fu a tre passi da lui, alzò la mano per salutarlo. Quegli voltò la schiena.

Era la dichiarazione di guerra.


LA PRIMA BOMBA.


La settimana appresso scoppiò la prima bomba. Entrò una mattina l’inserviente comunale nella scuola della Galli, e scoprendosi il capo di mala grazia, le presentò copia d’una deliberazione del municipio, con la quale essa era trasferita alla “frazione„ delle Case Rosse, a datare dal prossimo anno scolastico. La maestra lesse: le alunne la videro impallidire. Uscì di scuola stropicciando il foglio tra le mani, soffocata dallo sdegno. Era una prepotenza inaudita, contro la quale doveva protestare sull’atto, per non lasciar supporre che ci fosse nella sua coscienza la più leggera incertezza. Essa aveva pattuito col municipio di far scuola nel capouogo del comune, e non in una frazione; di far la seconda femminile, e non la scuola mista. Portare a viver suo padre in quella borgatuccia, lontano dalla farmacia e dal medico, le sarebbe stato impossibile. In ogni modo, quel trasferimento non motivato sarebbe parso un castigo, ed era per lei un disonore. In fretta e in furia