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Uno scolaro straordinario 51

con la forza di dieci generazioni irritate. — È un predestinato, — concluse l’avvocato Samis; — fisicamente, intellettualmente, moralmente fabbricato per combattere e per salire; tutto cervello e forza; un’anima fatta a cuneo tagliente, che entrerà dappertutto dove farà pressione. Lei non pensi ad affezionarselo come io non penso ad aver la sua gratitudine. Io prevedo che a venticinque anni scriverà un opuscolo contro le mie teorie di diritto. Lo tratti come un uomo e si diverta a studiarlo: le assicuro che il soggetto lo merita. È il piccolo contadino dell’avvenire.

Il Ratti incominciò subito le sue ripetizioni; dedicandole sopra tutto alla lingua e all’aritmetica. Il ragazzo era intelligente, in fatti, ed alacre al lavoro, come promettevano i suoi piccoli occhi azzurri e vivi; e il maestro non tardò ad accorgersi che, anche per rispetto all’indole, il giudizio dell’avvocato, era giusto. Essendo egli stato in quei giorni a Torino per la prima volta, il Ratti, per prima prova, gli diede a fare su quel soggetto un componimento; e in questo trovò chiarezza, ordine, e certe osservazioni singolari; ma non una frase ammirativa, non una di quelle tante esclamazioni ingenue che usano i ragazzi quando descrivono uno spettacolo che li abbia dilettati e commossi. Così in ogni altro componimento o discorso a voce o lettura ch’egli facesse o ascoltasse, in cui si toccassero i soliti tasti della patria, della religione, dell’amor della famiglia, egli mostrava di capir bene le cose, e ripeteva e riassumeva con lucidezza; ma senza che mai il suo sguardo e la sua voce nè alcun muscolo del suo viso tradisse la ben che menoma commozione del cuore. All’indicazione d’un errore, rimaneva sopra pensiero; a una lode, dissimulava la compiacenza; si faceva ripeter spesso una spiegazione per meglio comprendere; non dava mai segni di distrazione o d’impazienza che la lezione finisse. Eppure il maestro sentiva fremer la vita in quel corpo asciutto e forte, che a traverso ai panni nuovi mandava ancora odor di contadino, e quelle mani bruciate dal sole, con le dita appiattite alla punta, facevano, quand’egli cercava una risposta, un movimento quasi involontario e febbrile, che indicava una viva agitazione dell’animo, e uno sforzo intenso di tutti i nervi. Aveva ancora gesti, atteggiamenti, inflessioni di

Il romanzo d’un maestro. — II. 4