Pagina:De Amicis - Il romanzo d'un maestro, Treves, 1900.djvu/336

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74 In monastero

nache cominciarono a impensierirsi seriamente dell’esame, non per la difficoltà, ma perchè doveva venire una commissione esaminatrice presieduta dal provveditore della provincia, ed esse avrebbero dovuto fare in presenza di uomini, di laici, forse di giovani, quegli stessi esercizi che da principio avevan provato tanta ripugnanza a fare in presenza d’una ragazza. L’idea dei passi ritmici, soprattutto, le faceva allibire. La Madre stessa era inquieta. Cominciò in refettorio, durante i pasti, a far dire preghiere più frequenti, con manifesta intenzione di espiare anticipatamente lo scandalo, che era costretta a tollerare nel convento. Varie monache andarono a confessarsi più spesso per chieder consiglio e coraggio. Durante le ricreazioni nel giardino, con la maestra, non parlavano più d’altro, la tempestavano di domande, se sapesse qualche cosa degli esaminatori, della loro età, delle maniere, se eran celibi o ammogliati, quanto sarebbe durato l’esame per ciascuna, se certi movimenti si sarebbe potuto scansarli, o accennarli appena, invece di compierli, come usavan con lei. Ed essa cercava in tutti i modi d’incoraggiarle. Ma con poco frutto. L’ultima notte, nessuna riposò; ed erano in tale stato d’agitazione, così tra il sonno e la veglia, con quell’idea fiammeggiante nel capo, che, essendo entrato a volo un colombo nella cella d’una, questa, atterrita, si mise a gridare al diavolo, e tutte, vestitesi in furia, si diedero a correre per gli anditi, urtandosi e strillando, fin che accorse la Madre coi lumi. Oh! che senso di pietà le avevan fatto tutte quelle ragazze in tonaca bianca, raggruppate in fondo a un corridoio, con quelle teste senza capelli, che parevan tanti giovinetti malati, vergognose, poverette, e tremanti dalla paura del diavolo e del provveditore!

La Commissione terribile, — continuò la maestra, — venne alle dieci della mattina. E, pur troppo, la figura del provveditore era tale, che pareva stata cercata apposta per dar corpo alle immaginazioni paurose delle povere monache: un capitano dei dragoni, coi capelli già brizzolati, ma con due grossi baffi neri, l’occhio truce, un gran naso, un vocione. C’era con lui un maestro di ginnastica, una faccia lignea che non diceva nulla, e, per fortuna, un ispettore sim-