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Una rete 29

UNA RETE.


Intanto si veniva facendo alla vita del villaggio. Andò qualche sera al Caffè della Piazza, dove si radunavano gli amici del sindaco, e all’albergo della Croce Bianca, frequentato dai suoi avversari; e fece conoscenza coi personaggi principali del paese. Ma eran tutti così assorti nei tarocchi, che a mala pena tendevan la mano agli amici intimi, quando entravano, senza quasi alzar gli occhi dal gioco, e a lui, dopo un cenno di saluto, non badavan più. Egli non se n’ebbe a male, perchè non desiderava altro che di esser lasciato in pace: d’altra parte, la correzione dei lavori e la preparazione delle lezioni gli prendevano quasi tutte le serate; oltre che a notte fatta, quando non splendeva la luna, il villaggio era così buio, che egli, come molti altri, non usciva per timore di dare e di ricevere delle nasate. Incontrava quasi ogni giorno per le scale, o nel corridoio delle scuole, don Leri, che lo salutava affabilmente, e barattavano qualche parola; ma, vedendolo sempre come intento a svolgere il filo d’un pensiero, non lo intratteneva. E se ne viveva così, solitario.

Ma fu ben presto forzato a uscire dalla solitudine.

Ogni volta che s’incontravano, l’assessore Toppo gli diceva amabilmente, chiudendo gli occhi: — Maestro, c’è sempre una bottiglia che lo aspetta. — Temendo che finisse con risentirsi della sua ritrosia, egli decise di andarlo a trovare. Bevettero la bottiglia. L’assessore lo seccò con un discorso interminabile intorno alle pratiche che s’andavan facendo presso la direzione del Catasto perchè fosse “ripristinata„ nella campagna di Garasco “la vecchia viabilità„ e si rimettessero a segno i proprietari ingordi che s’eran venuti mangiando a poco a poco le vie comunali; e gli fece anche la storia particolareggiata di certe vie ch’erano al tutto scomparse, con molte citazioni di misure, di ricorsi e d’articoli di legge; ma poi lasciò ragionar lui della scuola, approvando con cenni del capo le sue idee, ed egli provò tanto piacere di potersi sfogare in quell’argo-