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Visi nuovi e amici vecchi 259

un tempo infinito. Aveva passato delle così liete ore con lui! Ed era felice di ritrovarlo quale l’aveva lasciato, così ingenuo e fresco, come un seminarista di vent’anni che si fosse messo una parrucca bianca. Ebbene, e la casetta? e la polenta? e la stalla? e la nipote? e il nipote? A queste ultime domande egli si rannuvolò un poco. La nipote s’era presentata senza frutto, per la quarta volta, agli esami di patente; l’avevan rimandata in aritmetica; e non s’era scoraggiata, la poveretta, neppur questa volta; ma, pur troppo pareva che quanto più la sua volontà s’ostinava, tanto più s’indebolisse la sua intelligenza. Era arrivata al punto che empiva dieci pagine di cifre per risolvere un problema d’una somma e d’una sottrazione, e che a una domanda di storia rispondeva con una definizione di grammatica, quando appena ci fosse fra le due idee un riscontro materiale di parole. L’abuso dello studio l’aveva ridotta a questo. Sul serio, egli cominciava a temere per la sua ragione. La sua disgrazia, povera creatura, era stata quella fissazione di voler diventare maestra, mentre forse sarebbe sempre vissuta sana e contenta, continuando a badar le pecore, come pareva che il buon Dio avesse destinato! Quanto al nipote, ahimè, la storia non era meno dolorosa. E qui don Bruna abbassò la voce. Quel reciticcio d’un chierichetto, è vero? quell’ombra di giovane tutto timor di Dio, che arrossiva per nulla e aveva sempre le mani giunte sul petto, s’era acceso a poco a poco d’una tal passione per la signora maestra Pedani, che l’aveva condotto a far degli spropositi senza nome. Signor sì, fino a andarla ad aspettare per le scale e a gettarsi ai suoi piedi, fino a passar le notti sotto le sue finestre nel fitto dell’inverno, fino a piangere e a mangiare il cuscino del letto come un ossesso, e a tentar di avvelenarsi con dei zolfanelli. Insomma, le cose erano arrivate a tanto che l’avevan dovuto mandar via, in un altro paese. — Ah! che mondo! — esclamò, cavando la tabacchiera, — ah che miserie!... Ma lei, — disse poi, rasserenandosi a un tratto — il mio bravo Emilio, lei s’è fatto onore! Maestro a Torino, niente di meno! Ah che carriera! che avvenire sarà il suo! Ma io conto ancora d’andar a sentire le sue lezioni all’università, com’è vero che siam qui tutti e due! — E c’era in

Il romanzo d’un maestro. — II. 17