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IL ROMANZO D’UN MAESTRO

I.



CORAGGIO!


Il maestro Emilio Ratti, del quale racconto le vicende, fu spinto alla professione dell’insegnamento elementare da una sventura domestica. Suo padre, proprietario d’una piccola tipografia nella città di ***, sede antica d’una Scuola normale di maestri, era ancora nel pieno vigore della maturità, e cominciava dopo vari anni di dissesto a rifarsi un poco, grazie alle ordinazioni di certi editori di Torino e alla stampa d’un giornale agricolo del circondario, quando morì quasi all’improvviso, lasciando senza sostegno la moglie, il primogenito Emilio, ch’era adolescente, e tre ragazzi, una femmina e due maschi, il maggior dei quali aveva nove anni. Una sera, appena seduto a tavola con la famiglia, lasciò cader di mano la forchetta, tentò di ripigliarla, non potè; disse: — Non mi sento bene; — e furon quelle le sue ultime parole sensate: lo portarono a letto, venne il medico: era finita. La paralisi gli aveva preso tutta la parte destra del corpo, togliendogli la ragione: egli non balbettava più che frasi sconnesse e non riconosceva più i suoi figliuoli. Dopo venti giorni morì. Danari da parte non ne avevano, la tipografia bastò appunto a pagare i vecchi debiti, e alla famiglia non avanzò che a campare per un mese, passato il quale, la vedova, che era sempre stata infermiccia, si mise a letto per non più rialzarsi, e i figliuoli rimasero senza pane. Di parenti stretti non avevano che uno zio violinista, spiantato e

Il romanzo d’un maestro. — I. 1