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220 quel giorno.


Guardatela là quella moltitudine poc’anzi sparpagliata, giacente, cogli abiti aperti, colle cinture sciolte, colle armi a terra, guardatela là, in un lampo, ritta, schierata, immobile, muta, e nei sembianti ilare e calma. Guardateli nel viso, e mi direte che quella è gente che vedrà le spalle del nemico, o morrà. Guardate la bandiera; è immobile; il braccio che la regge non trema. Guardate bene quei soldati che le fanno attorno una siepe di baionette: sono spaventosi! Vi sono degli occhi che somigliano folgori.

— Avanti! — tuona la nota voce.

Un moto subitaneo in tutta la colonna, un fremito, un sussurro; poi quiete. — Avanti! — ripetono i capitani.

Avanti dunque, su, alla collina. La compagnia ch’è alla testa indugia un istante dinanzi ad una prima siepicella che le fa inciampo; le compagnie che seguono le si accalcano dietro; la colonna pesante si serra, oscilla, ondeggia dall’un capo all’altro sull’ineguale terreno; poi si rompe, si allarga, si restringe, si allunga, si ricompone, torna ad accalcarsi con vece continua, a subiti impeti, a subite fermate, a passi ineguali, a sbalzelloni. Chi è alla coda ora è balzato indietro dallo zaino di chi precede, che lo urta nel petto; ora su chi gli è avanti si precipita improvvisamente e lo spinge in su barcolloni; chi è alle ali, sbattuto di qua e di là a fiancate, a colpi di gomito, a urti di zaino, va su serpeggiando e vacillando, a capo basso e a gambe larghe. Qui una siepe: su le gambe, alti i fucili. Lì un fosso: svelti, è passato. Qua un rialzo di terra: animo, sopra, senza scomporsi. Là un intreccio di rami che scendono sul viso: via colla mano, giù le teste. Una vite fa intoppo: giù una sciabolata, è a terra, avanti. Erbe, arbusti, siepi, viti, solchi, sentieri, tutto si sforma, tutto cade, tutto sparisce sotto quell’onda, sotto quel peso, sotto