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310 l’esercito italiano

Licata, verso la metà di agosto, offriva cento lire alla 9ª compagnia del 57º reggimento. La sera del 14, il capitano Pompeo Praga si recava in caserma all’ora della ritirata per annunziare ai suoi soldati l’offerta del municipio. Erano tutti schierati nel dormitorio, e il furiere faceva l’appello. Il capitano l’interruppe e diede la notizia che avea da dare, e soggiunse:

— Furiere, domani mattina prima del rancio sia ripartita la somma fra tutti.

— Sissignore.

Segui un momento di silenzio.

— Signor.... mormorò una timida voce in mezzo alle file.

— Chi ha parlato? — domandò il capitano. Nessuno rispondeva — Chi ha parlato? — ripetè.

— Io — rispose un soldato.

— Che cosa volevate dire?

— Volevo dire che.... quanto a me.... (e volgeva peritosamente lo sguardo a cercare sul volto dei compagni un’espressione di assentimento) mi pare che soldo più soldo meno.... sia la stessa cosa per.... (e guardava un’altra volta i compagni) per noi..., e sarebbe meglio.... mi pare....

— Avanti.

— Qui in paese c’è dei poveri....

I compagni compresero il suo pensiero e bisbigliarono: — Sicuro. — Ben pensato. — Sarebbe meglio far così. — Ai poveri. — Sicuro. —

Il capitano lasciò quetare il bisbiglio e poi: — Sentite. Io voglio che mi diciate tutti il vostro pensiero sinceramente. Io non vorrei che qualcuno di voi rifiutasse l’offerta del municipio per compiacermi, chè mi farebbe invece un vero dispiacere. E non voglio nemmeno che i più impongano il loro desiderio ai meno. Questi