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partenza e ritorno. 395

e bacia e ribacia il foglio, e si stringe sul seno la testa della figlia, e mormora con voce fioca: — Alberto! — e si abbandona sulla seggiola. I due amici le sorreggono la testa e tentano di levarle la lettera di fra le mani; — indarno; — sono tanaglie.


Ecco alcuni squarci della lettera.

Cerlungo, 25 giugno.

— .... T’ho detto tutto quello che ho visto, che è poco; non so però darmi ragione di certe lacune rimaste nella mia memoria; le quali, se non ricordassi molte altre cose, mi farebbero dubitare di aver perduto la ritentiva, tanto son strane e incredibili. Ho dimenticato affatto dove e quando si sia fermato il mio battaglione per la prima volta, e mi ricordo lucidissimamente d’un soldato d’un altro reggimento ch’io fermai mentre correva, e gli chiesi: — Donde vieni? — ed egli mi accennò una piccola casa sulla china del monte, esclamando: — N’avimmo fatta na ’nzalata, — per dire che in quella casa s’era fatto strage d’Austriaci, ed era vero. Me ne ricordo un altro ch’ebbe una palla nelle dita nell’atto che si chinava per toccare un morto; mise un grido, e si guardò intorno stupefatto ritraendo la mano dietro le reni, e mormorando lamentevolmente: — A’m fa mal! — Ricordo l’arringa fatta dal mio maggiore al battaglione, pochi minuti prima che ci movessimo, la quale fu d’una semplicità e d’un laconismo veramente singolare. — Soldati! — disse freddamente senza neanco voltare il cavallo verso di noi: — temo che oggi non avremo da far nulla; ma caso mai.... voglio credere che.... siamo italiani, diavolo! — E qui finì; precise parole. Poco prima, porgendo la sua fiaschetta piena di rhum a un piccolo crocchio di ufficiali che non gli pare-