Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/404

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396 partenza e ritorno.

vano allegri, aveva detto sorridendo: — Prendano; si rinfranchino gli spiriti infermi. —

Mi sono profondamente convinto che il vero coraggio deriva dal cuore e dalla coltura dello spirito; e il vero coraggio consiste meno nel non aver paura che nel mostrarsi e nell’operare, avendola, come se in realtà non s’avesse; il che è effetto di ragionamento, o piuttosto d’un’infinità di ragioni, di ricordi, d’immagini, di esempi, che in quei momenti ti passano con fulminea rapidità per la mente e ti dicono: — Fermo. — E passano anche delle intiere strofe di poesie patriottiche; e mi passò e ripassò la tua immagine col braccio tremante, ma teso, e l’indice appuntato verso il nemico, e gli occhi lacrimosi fissi nei miei, e le labbra contratte dai singulti; ma che dicean con voce franca e vibrata: — Fa il tuo dovere. — O madre, quant’ero vicino a te in quei momenti!

.... Non lo credere; i morti non fanno quell’orrenda impressione che si suol dire, almeno fin che il pericolo dura. Il mio battaglione era in ordine di colonna, e andava avanti, e i pelottoni si soffermavano man mano sull’orlo d’un fosso a guardare il cadavere d’un soldato a cui la mitraglia avea deformata la testa; io vi feci stendere una tenda sopra, e nessuno guardò più. È penoso il vedere quei soldati feriti, che a furia di avvoltolarsi per terra e di toccarsi qua e là, si riducono la camicia e i calzoni di tela a non vederci più un palmo di bianco, tutto sangue; e il più delle volte non hanno che una ferita leggera. Da principio si è così profondamente assorti nello spettacolo del campo, che non si bada, e non si pensa nemmeno che ci abbiano ad essere dei feriti. Ed è quasi una sorpresa il vederli poi venir giù a gruppi, colle teste fasciate, colle braccia al collo, sorretti sotto le ascelle, portati a quattro mani, bianchi come