Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/406

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398 partenza e ritorno.

Vedi com’è morto: il suo reggimento era fermo in faccia ai cannoni del nemico; egli stava seduto sopra un tamburo, a capo basso, e colla punta della sciabola andava sforacchiando per trastullo le zolle che aveva tra i piedi. All’improvviso cadde riverso mandando un grido; una scheggia di mitraglia aveva ferito lui nel petto e ucciso il cavallo dell’aiutante maggiore che gli stava dietro. Morì dopo cinque ore di spasimi atroci. Povero amico! Chi te l’avrebbe detto quando studiavamo pel nostro ultimo esame di collegio, in quelle stanzuccie del quinto piano, al lume di quel moccolo, con quei quaderni e quella brocca d’acqua tinta di fumetto; allora che avevi tante belle speranze, ed eri così felice!....

La risposta a questa lettera è del fratello; la madre s’era messa a letto colla febbre. — Di tratto in tratto — scrive il fratello, — essa cade in delirio e ti chiama.


L’esercito retrocede verso l’Oglio.

Piadena, 5 luglio.

.... È una tristezza, è un dolore questo continuo attraversare villaggi e città, in mezzo a due ali di popolo immobile, muto, freddo, che ci guarda con gli occhi stralunati come se fossimo un esercito sconosciuto. Chi ha il coraggio di alzare gli occhi in faccia alla gente? Mi par di leggere su tutti i volti: — Ma bene! ma bravi! O che metteva conto di far tanto chiasso, per far poi di coteste figure? — I reggimenti sfilano a capo basso, silenziosi, che paiono una processione di frati. È uno spettacolo che mi fa male; il mio pensiero ricorre a te, madre; ho un infinito bisogno di te. Perdonami: avessi almeno la consolazione di tornare a casa senza un braccio; potrei dire: — per conto mio ho vinto un braccio di meno. — Ma tornare a casa intatto e sano e grasso