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avevano ancora nulla deciso. Rimandarono la decisione alla mattina e si separarono.
Un’ora dopo, il caid ed Alì riposavano ciascuno sotto la sua tenda; la notte era oscurissima, non spirava un alito di vento, non stormiva una foglia, non si sentiva che il mormorio del fiume e il respiro dei dormenti.
All’improvviso una voce formidabile urlò nel silenzio della notte:
— Arusi ti saluta, o sceicco Sid Mohammed Abd-el Dijebar!
Il vecchio caid balza in piedi atterrito e sente la pesta precipitosa d’un cavallo che s’allontana. Chiama i soldati, che accorrono in furia, e grida: — Il mio cavallo! Il mio cavallo! — Cercano il suo cavallo, il più superbo animale del Garb: è sparito. Corrono alla tenda di Sid-Alì: è steso in terra morto, con un pugnale confitto nell’occhio sinistro. Il caid scoppia in pianto: i soldati si slanciano dietro al fuggitivo. Lo intravvedono, come un ombra, per qualche momento; lo perdon di vista; lo rivedono; ma egli va come la folgore, e sparisce ben presto per non più ricomparire. Continuano a inseguirlo, nondimeno, per tutta la notte, sin che arrivano a un bosco fittissimo, dove si arrestano per aspettare che aggiorni. Appena aggiorna, vedono lontano il cavallo del caid, che viene verso di loro spossato e in-