Pagina:De Amicis - Marocco.djvu/443

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tile, che dava a tutta la carovana l’aspetto della scorta afflitta d’un Sultano ferito.

Il primo giorno ci accampammo ancora nella pianura di Fez; il secondo sulla riva destra del fiume Mduma, a cinque ore circa da Mechinez. Qui seguì un caso piacevolissimo. Verso sera andammo tutti sulla riva del fiume, a un mezzo miglio dall’accampamento, vicino a un gran duar, di cui ci venne incontro tutta la popolazione. Là c’era un ponte di muratura, di un sol arco, di stile arabo, vecchio, ma, salvo pochi guasti, ancora intero e saldo; e accanto a questo gli avanzi d’un altro ponte, parte incastrati nelle rive alte e rocciose, parte ammucchiati in fondo al letto del fiume. Sulla riva sinistra, a un cinquanta passi dal ponte, c’era una gran muraglia diroccata, alcune traccie di fondamenta, qualche macigno, qualche grossa pietra tagliata che pareva avesse appartenuto ad un edifizio ragguardevole. Tutt’intorno la campagna era deserta. Erano i resti, si diceva, d’una città araba chiamata Mduma, fabbricata sulle rovine d’un’altra città, anteriore all’invasione mussulmana. Perciò ci mettemmo a cercare tra i ruderi se mai rimanesse qualche indizio di costruzione romana; ma non trovammo o non riconoscemmo nulla, con manifesta soddisfazione degli arabi, i quali credevano senza dubbio che cercassimo, sulla fede dei no-