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478 | arzilla |
rumore che il mormorio fioco del mare. — Che paese! — esclamava il cuoco girando lo sguardo inquieto su quella solitudine; — purchè non si faccia qualche cattivo incontro. — E mi domandò più volte se non c’era pericolo d’incontrare dei leoni. Salendo e scendendo, perdendoci di vista e ritrovandoci più volte in mezzo agli arbusti, camminavamo da quasi due ore per quei monti deserti, e cominciavamo a temere d’aver sbagliata la strada, quando dalla sommità d’un’altura vedemmo a un tratto le torri d’Arzilla e tutta la costa fino alla montagna del capo Spartel, che disegnava nettamente il suo contorno azzurro nella chiarezza limpidissima del cielo.
Fu un vivo piacere per tutta la mia piccola carovana; ma di breve durata.
Scendendo verso il mare scoprimmo lontano fra gli alberi un gruppo di cavalli e d’uomini accovacciati, i quali, appena ci videro, si rizzarono in piedi, saltarono in sella e si diressero verso di noi, distendendosi sopra una sola linea in forma di mezzaluna, come se volessero impedirci di fuggire per una scorciatoia verso la città.
— Ci siamo, — pensai; — questa volta non c’è scampo; è una banda.
E feci cenno agli altri di fermarsi.
— Ca manda avanti ’l moro! gridò il cuoco.