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la cupola di san pietro. 115

cilio, laggiù in quella nave della chiesa,” mi dice il compagno. Guardo; “Ma come! là dentro stavano tutti quei vescovi? Ma se è grande come una scatola da tabacco!” Cosa sembrano gli uomini? Mi ricordo il detto del Guerrazzi: quello che sono, insetti. Intorno a quell’altarino di mezzo ce n’è uno sciame; sembrano una macchia nera che si muova. Guardo dietro di me, nel muro, e m’accorgo che quelle testine d’angiolo a mosaico ch’io vedeva di giù, starebbero bene sopra un par di spalle larghe quattro metri.

Si risale. Scale lunghe e diritte di cui si vede appena la sommità, scale a chiocciola dove per salire bisogna afferrarsi a una fune, scale di legno a zig zag, scale comprese fra due pareti curve dove bisogna camminare rotolandosi sulla parete più bassa; e daccapo scale dritte, e daccapo scale a chiocciola, e avanti, sudando, ansando e soffiando; ecco finalmente un raggio di luce, una porta, eccoci sulla sommità, ecco tutta Roma: oh che aria viva e leggera!

La prima esclamazione che mi colpisce arrivato là è d’un artigliere lombardo. — Madona! — egli esclama giungendo le mani — alter ch’el domm de Milan!

Si guarda giù, sul tetto della chiesa, dove si era poc’anzi: si vede una processione di formiche. La gente che passeggia per la piazza si discerne appena; le due grandi fontane sembrano due pennacchi bianchi agitati; le cupole minori della basilica, campanelle di quelle piccine, che si mettono sulle statuette dei santi. Tutta la città si abbraccia con uno sguardo. Subito danno nell’occhio le mura del Colosseo e delle Terme, nere e gigantesche. Le statue in cima alle colonne, le punte degli obelischi, le curve sponde del Tevere, il Pincio, la villa Borghesi, il Quirinale, San Giovanni Laterano, il Gianicolo, che sembra una collinetta di giardino, tutto si vede distintamente. Il giardino del Vaticano sembra un’aiuola. Il Vaticano un edifizio comune, coi cortiletti; è tutto chiuso e deserto. Ecco