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118 preti e frati.

Quella donna credeva fermamente che il mandato dell’esercito italiano fosse di far la festa ai preti, come diceva don Abbondio. Ora lamentatevi, se vi pare, ch’essa non abbia messo fuori della finestra la bandiera tricolore.

Passava un drappello di seminaristi, per una via di Nepi, poco dopo che v’erano passati i soldati. Un popolano, accennandoli, disse in tuono burlesco: “Ora.... quelli là.... è finita....” E mi guardava.

“Perchè finita?” gli domandai.

“A questi lumi di luna....”

“Ma che lumi di luna! I seminarii e i seminaristi seguiterete ad averli; ce li abbiamo anche noi, e ce li avremo sempre.”

Fece un atto di sorpresa, e poi domandò: “In Italia? Ce li avete anche voi in Italia?”

“Sicuro.”

“E passeggiano per le strade?”

“Passeggiano per le strade.”

“E nessuno gli dice nulla?”

“E cosa volete che gli dicano?”

C’era da perdere la pazienza; mi ripugnava quasi di credere a tanta ignoranza.

In una via remota di Roma, poco dopo l’entrata dell’esercito, si vide un vecchietto che all’aria, doveva aver avuto una tal paura delle cannonate da perdere il lume della ragione. Alla paura delle cannonate gli era poi sottentrata la paura delle dimostrazioni. Passavano alcuni giovani cantando e sventolando bandiere. Non avendo più tempo di fuggire, credette di dover far l’Italiano per non essere accoppato. Cominciò collo sforzarsi a sorridere, e poi, raccolto tutto il suo coraggio, gridò con una voce da moribondo: — Accidenti ai preti!

Le bricconate fatte per viltà sono più rivoltanti di quelle fatte di proposito. Uno dei giovani del drappello lesse nel viso al vecchio e gli disse con piglio