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218 il circolo filologico di torino.

anco l’arabo; vi sono delle famiglie intiere che vengono: padre, figliuoli, figliuole.”

“Anche le figliuole?”

“Certo: vi è una sezione femminile separata; le allieve sono quasi duecento; parecchie sono delle prime famiglie di Torino. Quest’anno, si fece l’inaugurazione solenne; il corso è diretto da una signora; i professori sono aiutati da tre signorine incaricate ciascuna dell’insegnamento di una lingua; le lezioni per gli uomini si danno la sera, quelle per le donne lungo la giornata; e le donne studiano con più ardore, con più costanza e più successo degli uomini.”

“E a pagare tanti maestri, e un quartiere così vasto, e una illuminazione così splendida, bastano le cinque lire dei soci?”

“Ce n’è d’avanzo; l’entrata supera l’uscita. Oltre a questo, vi sono dei proventi straordinari. Il municipio, quando vide che l’istituzione portava buoni frutti, le accordò un sussidio; gliene accordò un altro il Ministero dell’istruzione pubblica; un terzo la Camera d’agricoltura e commercio; s’incassano oltre a ventimila lire l’anno. V’è un consiglio d’amministrazione, un presidente, un vice-presidente, un segretario, un cassiere, un economo, un esattore, un bibliotecario, un censore, un consigliere, e tutti fanno il loro dovere e nessuno è pagato.”

“Ma bene!”

“E abbiamo anche le nostre piccole glorie. Il Circolo ebbe una medaglia dal Congresso pedagogico del 1869; ebbe incoraggiamenti e consigli dal Baruffi, dal Peyron, dal Flecchia, dal Vallauri; in una città del Belgio, Verviers, s’istituì un Circolo come questo, e il presidente scrisse qui ringraziando dell’esempio che gli si era dato; venne a Torino la deputazione spagnuola per l’offerta della Corona al principe Amedeo, e parecchi dei suoi più cospicui personaggi si recarono a visitare il Circolo, assistettero alla lezione di spa-