Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/118

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112 valladolid.


tutta risposta diede una sfruconata al mulo, e tirò innanzi. Interrogai un soldato: mi mandò in una bottega. Nella bottega interrogai una vecchia: non mi capì, credette ch'io volessi comprare il Don Chisciotte, mi mandò da un libraio. Il libraio, che volea fare il saputello, e non sapeva risolversi a dirmi che della casa del Cervantes non aveva notizia, mi si mise a batter la campagna, parlando della vita e delle opere del milagroso escritor; così che in somma delle somme me ne dovetti andare pei fatti miei senza aver visto nulla. Eppure si dev'esser serbata memoria di quella casa (e certo, se l'avessi meglio cercata, l'avrei rinvenuta), non solo perchè il Cervantes l'abitò, ma perchè seguì là un fatto, del quale tutti i suoi biografi fanno menzione. Poco tempo dopo la nascita di Filippo IV, essendosi incontrati, una notte, un cavaliere della Corte e uno sconosciuto, vennero, non si sa perchè, a parole, misero tutti e due mano alle spade, si batterono, e il cavaliere fu ferito mortalmente. Il feritore se la svignò; il ferito, tutto intriso di sangue, corse a chieder soccorso ad una casa vicina. Abitavano in quella casa il Cervantes colla sua famiglia, e la vedova d'un rinomato scrittor di cronache, con due figliuoli. Uno di questi accorse, alzò da terra il ferito, e chiamò il Cervantes, ch'era già a letto. Il Cervantes scese, e aiutò l'amico a portare il cavaliere in casa della vedova. Due giorni dopo morì. Se ne mischiò la giustizia, si cercò di scoprir la cagione del duello, si credette che i due campioni