Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/139

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madrid. 133


attengono al figurino di Parigi; e son tutti, dal duca allo scrivano, dallo sbarbatello al vecchio tentenna, lindi, azzimati, impomatati, inguantati, come uscissero allora allora dal gabinetto di toeletta. Somigliano da questo lato ai napoletani: belle capigliature nere, barbe coltissime, mani e piedi di donna. Raro il vedere un cappello basso: tutti cappelli a staio; e poi mazze, catene, ciondoli, spille, e nastri all’occhiello a migliaia. Le signore, fuor che in certi giorni di festa, vestono anch’esse alla francese; le donne del medio ceto portano ancora la mantiglia; gli antichi stivaletti di raso, la peineta, i colori vivi, il costume nazionale, in una parola, è sparito. Son però sempre quelle donnine tanto decantate per i loro grandi occhi, per le loro mani di bimbe, per i loro piedini; di capelli nerissimi, ma di pelle meglio bianca che bruna, bene appettate, diritte, svelte, vivaci.

Per passare in rassegna il bel sesso di Madrid, bisogna andare alla passeggiata del Prado, che è per Madrid quello che son per Firenze le Cascine. Il Prado propriamente detto, è un larghissimo viale, non molto lungo, fiancheggiato da viali minori, che si stende ad oriente della città, accanto al famoso giardino del Buen retiro, ed è chiuso alle due estremità da due enormi vasche di pietra, l’una sormontata da una Cibele colossale, assisa sul cocchio, tratto dai cavalli marini; l’altra da un Nettuno di eguale grandezza; tutti e due incoronati di copiosi zampilli che s’incrociano e ricascano graziosamente con allegro mormorìo. Questo grande viale, assiepato lungo i