Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/174

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mezzo il petto, messe l'una su l'altra, e sopra e sotto la cintura; guanti di tutti i colori dell'iride; sciabole, spade, spadine, spadoni, pistole, rivoltelle; un miscuglio, insomma, di tutte le divise e di tutte le armi di tutti gli eserciti, una varietà da stancare dieci commissioni ministeriali per la modificazione del vestiario, una confusione da perderci il capo. Non ricordo se fossero dodici o quattordici battaglioni; ciascuno dei quali scegliendo la propria divisa, s'era sforzato di riuscire quanto più era possibile diverso da tutti gli altri. Erano comandati dal Sindaco, che aveva anch'egli un'uniforme fantastica. Potevano essere un ottomila uomini. All'ora fissata, un improvviso scorrazzare di ufficiali di stato maggiore e un sonar clamoroso di trombe annunziò l'arrivo del Re. Arrivò in fatti dalla strada d'Alcalà Don Amedeo, a cavallo, vestito da capitan generale, con stivaloni, calzoni bianchi e divisa a coda di rondine; e dietro a lui un folto stuolo di generali, d'aiutanti di campo, di servitori rosso-vestiti, di lancieri, di corazzieri, di guardie. Dopo che ebbe percorsa tutta la fronte dell'esercito, dal Prado fino alla chiesa di Atocha, in mezzo a una folla fitta e silenziosa, ritornò verso la strada Alcalà. Qui era una moltitudine immensa che ondeggiava e rumoreggiava come un mare. Il Re e il suo stato maggiore s'andarono a fermare davanti alla chiesa di San José colle spalle volte alla facciata, e la cavalleria fece sgombrare, a gran fatica, un piccolo spazio per dove potessero sfilare i battaglioni.