Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/228

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dipinte a fresco da Luca Giordano; accanto all'altar maggiore, scolpito e dorato alla spagnuola, negli intercolonni di due oratori reali, si vedono due gruppi di statue di bronzo inginocchiate, colle mani giunte verso l'altare; a destra Carlo V, l'imperatrice Isabella e parecchie principesse; a sinistra Filippo II, colle sue mogli. Sopra la porta della chiesa, a trenta piedi dal suolo, in fondo alla navata maggiore, s'alza il coro, con due giri di seggiole d'ordine corintio, di semplice disegno. In un canto, vicino a una porta segreta, è la seggiola che occupava Filippo II. Egli riceveva da quella porta le lettere e le imbasciate importanti, senza che se n'avvedessero i preti che cantavano nel coro. Questa chiesa che, appetto all'intero edifizio, par piccina, è nullameno una delle più vaste chiese della Spagna; e benchè appaia così spoglia d'ornamenti, racchiude immensi tesori di marmi, d'ori, di reliquie, di quadri, che l'oscurità in parte nasconde, e dai quali il triste aspetto dell'edifizio distrae l'attenzione. Oltre le mille opere d'arte che si vedon nelle cappelle, negli stanzini attigui alla chiesa, nelle scale che salgono alle tribune, v'è in un corridoio dietro al coro uno stupendo crocifisso di marmo bianco di Benvenuto Cellini, coll'iscrizione: Benvenutus Zelinus, civis florentinus facebat 1562. In altre parti si vedon quadri del Navarrete e dell'Herrera. Ma ogni sentimento di meraviglia muore in quello della tristezza. Il colore della pietra, la luce dubbia, il silenzio profondo che vi circonda, richiama incessan-