Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/303

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cordova. 297


come in un corridoio; il bianco dei muri è tanto vivo che persino il riflesso m'offende, e son costretto a camminare a occhi socchiusi; mi par di andare in mezzo alla neve. Giungo a una piazzetta: tutto chiuso e nessuno. Allora mi comincia a entrar nel cuore un senso di vaga malinconia, non mai provata pel passato; un misto di piacere e di tristezza, simile a quello che provano i fanciulli, quando, dopo una lunga corsa, giungono in un bel sito campestre, e se ne rallegrano, ma col tremito d'essersi troppo dilungati da casa. Al di sopra di molti tetti s'alzano le palme degl'interni giardini. Oh fantastiche leggende di Odalische e di Califfi! Oltre, di strada in strada, di piazza in piazza; comincio ad incontrare qualcuno, ma tutti passano e spariscono come fantasmi. Tutte le strade si somigliano, le case non hanno più di due o quattro finestre; e non una macchia, non uno sgorbio, non una screpolatura nei muri, che son lisci e bianchi come un foglio di carta. Tratto tratto sento un bisbiglio dietro una persiana, e vedo quasi nello stesso momento spuntare e sparire una testa bruna con un fiore tra le treccie. M'affaccio a una porta.....

Un patio! Come descrivere un patio? Non è un cortile, non è un giardino, non è una sala: è queste tre cose insieme. Tra il patio e la strada v'è un vestibolo. Ai quattro lati del patio s'alzano colonne sottili che sostengono all'altezza del primo piano una specie di galleria chiusa da ampie vetrate; sopra la galleria si stende una tela che om-