Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/417

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granata. 411


e s'intrecciano come ghirlande iscrizioni arabe che racchiudon saluti, sentenze e leggende.

Presso la porta d'entrata è scritto in caratteri cufici: — Salute eterna! — Benedizione! — Prosperità! — Felicità! — Lodato sia Iddio per il beneficio dell'Islam.

In un altro punto è scritto: — Io cerco il mio rifugio nel Signore dell'Aurora. — Altrove: — O Dio! A Te si debbono grazie eterne e lodi imperiture. —

In altre parti son versi del Corano e poesie intere in lode dei Califfi.

Stemmo qualche minuto guardando senza aprir bocca; non si sentiva il ronzio d'una mosca; di tratto in tratto il Gongora faceva movimento per avviarsi verso la torre, e io lo trattenevo pel braccio, e sentivo che fremeva d'impazienza.

"Ma bisogna spicciarsi," mi disse finalmente, "se no non torneremo a Granata prima di sera."

"Ma che so io di Granata!" gli risposi; "che so io di sera e di mattina e di me stesso; io sono in Oriente!"

"Ma lei non è che nell'anticamera dell'Alhambra, caro il mio arabo!" mi disse il Gongora spingendomi innanzi; "venga, venga con me, che le parrà ben altrimenti d'essere in Oriente!"

E mi condusse, riluttante, fin sulla soglia della porta della torre. Di là mi voltai a guardare ancora una volta il cortile dei mirti, e misi una voce di stupore. Fra due colonnine della galleria arcata che è di fronte alla torre, dal lato opposto del cortile,