Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/422

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416 granata.


tane e là, sulla cima di un'altissima montagna, si fabbricava una reggia a modo suo, nella quale ogni cosa era gentile e piccino, e illuminato d'una luce misteriosa; e si vedevan lunghe fughe di sale decorate di mille ornamenti capricciosi e delicati, con finestre alle quali avremmo potuto affacciarci solamente noi due, e piccole colonne dietro cui quella bambina avrebbe appena potuto nascondere il viso per farmi uno scherzo amoroso, quando avesse sentito avvicinarsi il mio passo di sala in sala, o suonar la mia voce in mezzo al mormorio delle fontane del giardino. Senza saperlo, nel fabbricare colla fantasia quelle reggie, fabbricavo l'Alhambra; in quei momenti ho immaginato qualcosa di simile a queste sale, a queste finestre, a quel cortile che si vede di qui; di tanto simile che, più guardo intorno, meglio me ne ricordo, e mi par di riconoscere il luogo, piuttosto che di vederlo la prima volta. Quando s'è innamorati si sogna tutti un po' d'Alhambra, e se si potessero tradurre in linee e in colori tutti quei sogni, s'avrebbero dei quadri che farebbero strabiliare per la loro somiglianza con tutto quello che qui si vede. Quest'architettura non esprime la potenza, la gloria, la grandezza; esprime l'amore e la voluttà; l'amore coi suoi misteri, coi suoi capricci, colle sue effervescenze, coi suoi slanci di gratitudine verso Dio; la voluttà colle sue malinconie e i suoi silenzi. V'è dunque un legame intimo, un'armonia fra la bellezza di quest'Alhambra e l'anima di coloro che hanno amato a sedici anni, quando i desiderii son sogni e visioni. E di qui