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Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/485

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valenza. 479


mutande di donna, e svolazzano come le gonnelline d'una ballerina; una fascia rossa o azzurra intorno alla vita; una specie di uose di lana bianca, ricamate, che lascian vedere il ginocchio nudo; un par di sandali di corda come i contadini catalani; e per copertura della testa, che portan quasi tutti rapata come i chinesi, un fazzoletto rosso, o turchino, o giallo, o bianco, avvolto a modo di cartoccio e annodato sulle tempie o sulla nuca; sul quale metton qualche volta un cappelletto di velluto, di forma simile a quello che s'usa nelle altre provincie di Spagna. Quando vanno in città portan quasi tutti sulle spalle o sul braccio, ora a guisa di scialle, ora di mantellina, ora di ciarpa, una capa di lana, lunga e stretta, a striscie di vivissimi colori, per lo più bianco e rosso, ornata di fiocchi di frangie e di rosette. L'aspetto che presenta una piazza dove siano raccolti qualche centinaio di uomini così vestiti, è facile a immaginare; è una scena carnevalesca; una festa, un tumulto di colori che mette allegrezza come la musica d'una banda; uno spettacolo nello stesso tempo ciarlatanesco, gentile, pomposo e ridicolo; al quale i volti accigliati e gli atteggiamenti maestosi, che distinguono i contadini valenziani, aggiungono una sfumatura di gravità che ne accresce la stravagante bellezza.


Se v'è un proverbio insolente e bugiardo, è quell'antico proverbio spagnuolo che dice: in Valenza la carne è erba, l'erba è acqua, gli uomini son