Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/56

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50 saragozza.

Francesi che fecero man bassa in ogni parte, gli è bastato il fegato di toccare i tesori di Nuestra Señora? Un solo generale si permise di prendere un gingillo per fare un regalo a sua moglie, offerendo in compenso alla Vergine un ricco donativo; ma sa che cosa gli è seguito? Alla prima battaglia una palla di cannone gli portò via una gamba. Non c’è barba di generale o di re che ne abbia mai imposto a Nuestra Señora. E poi è scritto lassù che questa chiesa durerà fino alla fine del mondo....” E tirò innanzi su questo tenore, fin che un prete da un angolo buio della sagrestia gli fece un cenno misterioso, e allora mi salutò e disparve.

All’uscir dalla chiesa, colla mente tutta occupata dall’immagine del solenne santuario, incontrai una lunga fila di carri carnevaleschi, preceduti da una banda musicale, accompagnati dalla folla e seguìti da un gran numero di carrozze, che andavano verso il Coso. Non ricordo d’aver mai visto testoni di cartapesta più grotteschi, più buffi, più spropositati di quelli che portavan quelle maschere; così che solo com’ero, e punto inchinevole all’allegrezza, non potei trattenermi dal ridere, come alla chiusa d’un sonetto del Fucini. Il popolo però era serio e silenzioso, e le maschere piene di gravità; si sarebbe detto che negli uni e negli altri era più forte il malinconico presentimento della quaresima che il giubilo fugace del carnevale. Vidi qualche bel visetto alle finestre; ma nessun tipo ancora di quella bellezza propriamente